La scomparsa della critica fotografica, cinematografica… È proprio tutta colpa di internet?

Domenica 16 febbraio 2014 l’inserto culturale del Corriere della Sera, LaLettura (#117), pubblica ben due pagine dedicate al problema della critica contemporanea in ambito teatrale (Il dibattito delle idee – pagg. 4 e 5).  Gli interventi sono molto autorevoli: Luca Ronconi, Franco Cordelli, e poi quelli di Giulio Ferroni, Michele Mari (il quale molto onestamente si dichiara un “analfabeta” della materia web) e Christian Raimo.

Leggo con moltissima attenzione, poiché mi occupo di questa problematica in ambito cinematografico, fotografico e artistico e ho partecipato come relatore negli ultimi anni ad almeno quattro convegni relativi alla critica cinematografica nelle sue varie applicazioni. Nonostante abbia fatto molti sforzi per cogliere considerazioni e riflessioni che possano risultare realmente costruttive rimango perplesso.

Rispetto, ovviamente le affermazioni degli illustri personaggi chiamati a dibattere, ma noto, come al solito, un atteggiamento che tende a resistere al rinnovamento e alla modernizzazione dei sistemi di comunicazione, come se questi sistemi dovessero rimanere uguali a se stessi e proporre solo i punti di vista della cosiddetta critica ufficiale e istituzionale (che vorrà dire, poi, ufficiale e istituzionale?). Sembra quasi che internet, per sua “natura”, sia una piattaforma estranea alla pratica della critica e che fatalmente proprio il web renda tutto “effimero, reversibile, non autorevole, irresponsabile” e riduca tutto a “chiacchiera”. Da ciò si dovrebbe evincere, dunque, che tutto ciò che invece viene pubblicato su materiale cartaceo (quotidiani, periodici, riviste specializzate e non, libri) invece sia “responsabile” e “autorevole”.

Ebbene, tale visione delle cose appare a mio avviso causata da un preconcetto e presuppone il fatto che ci sia una scala di valori secondo la quale sulla rete tutto sia spazzatura senza valore e sulla carta stampata (e sui libri) tutto sia sublime elaborazione culturale.

Il problema della critica (cinematografica, fotografica, d’arte, teatrale, letteraria, musicale) di oggi non è certo il presunto chiacchiericcio irresponsabile del web ma è l’impostazione che gli organi di informazione “ufficiali” hanno voluto dare a questa forma di esercizio del libero pensiero e di analisi culturale. In tal senso, in pochi passaggi delle due pagine pubblicate su LaLettura, è emersa molto brevemente una delle vere questioni: la tendenza degli organi di informazione e dei massmedia a liberarsi della critica per dare spazio alla promozione e al marketing. In tal senso, ha perfettamente ragione Christian Raimo quando sostiene: “Direi che c’è un rischio comune: quello di un diaframma molto sottile rispetto al lavoro di ufficio stampa”. E il problema riscontrato con lucidità da Raimo è rintracciabile in primo luogo e in maniera macroscopica proprio sulla stampa cartacea.

Così, di fronte a un aspetto veramente preoccupante come quello appena delineato, si continua a far finta di niente, salvo riversare le responsabilità della vaporizzazione della critica sul “demonio” web.

Non voglio qui addentrarmi in maniera approfondita sulle modalità dell’esercizio della critica (cinematografica, fotografica, d’arte…) sulla rete, poiché occorrerebbe troppo spazio. Mi limito a concludere, dicendo che internet è una piattaforma comunicativa che, per quel che riguarda la qualità dei suoi contenuti, può essere tranquillamente paragonata a quella degli organi di informazione cartacea: ci sono contenuti validi e meno validi, idee serie e idee non serie, sostanza culturale e chiacchiericcio.  Con la differenza che internet è un territorio nel quale l’esercizio della critica (diciamo, una critica vera di tipo professionale) può sfuggire al controllo dei potentati editoriali e culturali e può svilupparsi liberamente. In tal senso, internet, nonostante i molti tentativi di ingabbiare questa piattaforma, rimane ancora un territorio di democrazia comunicativa e libertà di espressione, nel quale il critico non vive serenamente protetto da editori, accademie, università e centri di potere vari ma è esposto al giudizio di tutti. In sostanza, deve confrontarsi con il mondo senza essere posizionato su un piedistallo, e confrontarsi con il mondo (con tutte le problematiche che ciò comporta) fa tremendamente paura a un determinato establishment dell’informazione/divulgazione culturale e della formazione accademica che non vuole prendere atto delle trasformazioni positive e democratiche dell’universo della comunicazione.

© CultFrame – Punto di Svista 02/2014

SUL WEB
Corriere della Sera – LaLettura

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