64a Berlinale. Premi e bilancio del festival 2014

Frame dal film Black Coal, Thin Ice di Diao Yinan

L’edizione 2014 della Berlinale ha proposto un Concorso ricco di una ventina di film dal valore diseguale ma rappresentativi delle varie tendenze del cinema d’intrattenimento più che di quello d’arte (rintracciabile in altre sezioni), com’è naturale per una manifestazione in cui quest’anno si sono venduti ben 330000 biglietti in dieci giorni per il pubblico riunitosi nella capitale tedesca e che è prima di tutto una vetrina e un mercato di proporzioni mondiali.

La giuria presieduta dallo storico collaboratore e produttore di Ang Lee, l’americano James Schamus, e composta anche da un attore a lui ben noto come Tony Leung, ha emesso un verdetto decisamente benevolo verso il cinema asiatico. L’Orso d’oro è stato infatti assegnato al thriller poliziesco cinese Bai Ri Yan Huo (Black Coal, Thin Ice), terzo lungometraggio del regista Diao Yinan, noto ai cinefili occidentali da quando presentò Night Train nella sezione “Un certain regard” del Festival di Cannes 2007, ricompensato anche con il premio per il Miglior attore al protagonista Liao Fan.

Migliore attrice è stata invece giudicata la giapponese Haru Kuroki per la sua interpretazione di una donna di servizio degli anni Trenta e Quaranta nel toccante Chiisai Ouchi (The Little House) diretto in modo classico ed elegante dal decano Yôji Yamada. Inoltre, l’Orso d’argento per il miglior contributo artistico ha premiato il lavoro di Zeng Jian, autore della fotografia di Tui Na (Blind Massage) di Lou Ye, che ha per protagonisti un gruppo di massaggiatori ciechi e che riproduce in alcune sequenze le visioni parziali di alcuni di loro, oltre che seguirne i movimenti con una macchina sempre molto mobile.

Due film americani si sono aggiudicati i due restanti premi principali di quest’anno: Richard Linklater ha ritirato quello per la Miglior regia con il film Boyhood e Wes Anderson ha ricevuto il Gran Premio della Giuria con il variopinto Grand Bupadest Hotel, pellicola girata in Germania e infarcita di star internazionali di cui è già stata confermata l’uscita italiana per il 10 aprile. Un altro Orso d’argento è stato poi consegnato ai fratelli tedeschi Dietrich e Anna Brüggemann per la sceneggiatura di Kreuzweg, diretto dal primo e premiato anche dalla giuria ecumenica, mentre l’Alfred Bauer Prize per un film che apre “nuove prospettive” nel linguaggio cinematografico è andato a un maestro che per quasi settant’anni non ha mai smesso di innovare, vale a dire il quasi novantaduenne Alain Resnais per Aimer, boire et chanter, non presente a Berlino ma sostituito sul palco dei premiati dal produttore Jean-Louis Livi e da uno degli interpreti, André Dussollier.

Con il massimo premio assegnato a un noir d’autore, la giuria si è dunque adeguata, seppure in modo un po’ troppo sbilanciato a Oriente, a una selezione che comprendeva molti film di genere e qualche interessante variazione sugli schemi consueti del film di gangster come per esempio Stratos del cipriota Yannis Economides, che avrebbe meritato almeno un riconoscimento per l’interpretazione di Vangelis Mourikis. Nel concorso, si trovavano anche numerose pellicole con protagonisti ragazzi o famiglie, in buona parte rivolte a un pubblico giovanile che è una delle fasce di mercato più appetibili del cinema contemporaneo, e tanti film tratti da opere letterarie e teatrali nonché un remake, La voie de l’ennemi di Rachid Bouchareb che ha trasposto in New Mexico Due contro la città (1973) di José Giovanni con Alain Delon e Jean Gabin facendolo interpretare a Forest Whitaker e Harvey Keitel. Anche queste sono tendenze sempre più spesso riscontrabili sul grande schermo.

Al di fuori del Concorso, i premi del pubblico, gli unici assegnati nella sezione Panorama, sono andati all’etiope Difret di Zeresenay Berhane Mehari e, come secondo classificato, al brasiliano Hoje eu quero voltar sozinho di Daniel Ribeiro (vincitore anche del Teddy Award per il miglior film a tematica GLBT). Tra i documentari sono stati premiati dal pubblico lo svizzero Der Kreis di Stefan Haupt, che racconta la parabola di uno dei primi gruppi di liberazione omosessuale nella Zurigo degli anni Quaranta attraverso la storia di due protagonisti, e in seconda posizione Finding Vivian Maier di John Maloof e Charlie Siskel, dedicato alla nota fotografa americana. La giuria per la migliore opera prima composta da Valeria Golino, dalla documentarista americana Nancy Buirski e dal produttore argentino Hernán Musaluppi ha premiato il messicano Alonso Ruizpalaciosa con Gueroz (presentato nella sezione Panorama). Tra i corti, l’Orso d’oro è stato attribuito a Tant qu’il nous reste des fusils à pompe di Caroline Poggi e Jonathan Vinel, quello d’argento a Laborat di Guillaume Cailleau.

© CultFrame 02/2014

 

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