La parte degli angeli ⋅ Un film di Ken Loach

L’ultimo lavoro di Ken Loach prosegue nel tratteggiare la poetica di un’umanità in tuta: questa volta non si tratta più degli abiti sportivi indossati da Eric Cantona nel precedente Il mio amico Eric (2009) bensì di quelli che, come una divisa di ordinanza, connotano esteticamente il proletariato anglosassone che vive di sussidi o di espedienti proprio come i protagonisti di questo La parte degli angeli.
Altra tuta è quella blu da lavoratori che questi sbandati, originari di una cittadina vicino Glasgow, si trovano a indossare durante le ore di lavoro socialmente utile a cui la legge li sottomette per riscattare delitti vari: furti, ubriachezza molesta o aggressioni.

Robbie è un violento pentito la cui giovane vita sembra destinata all’emarginazione e alla rovina definitiva. Reietto alla ricerca di redenzione, di una possibilità che gli permetta di meritarsi l’affetto e la stima della compagna e del figlioletto neonato, Robbie vive una sorta di favola scalcagnata con tanto di dono miracoloso del destino, equivoci, atti d’amore e gesti di generosa amicizia tra compagni di sventura.
La questione degli abiti e delle apparenze in generale (Robbie ha sul viso una vistosa cicatrice da coltello) potrebbe sembrare un semplice dettaglio ma non lo è perché le sembianze sono il primo elemento di marginalizzazione, allo stesso tempo ostacolo e mezzo di quel riconoscimento che impedisce o permette la solidarietà umana, sentimento ispiratore di tutto il film. Inoltre, i costumi “di scena” segnano il passo in questa commedia sospesa tra realismo sociale e divertissement farsesco.

È infatti anche grazie a un cambio d’abiti e, nello specifico, indossando un kilt scozzese che Robbie e compagni riescono a mettere a segno il colpo geniale che darà la svolta decisiva alle loro vite. Novelli Robin Hood, i protagonisti de La parte degli angeli vivono una vicenda che ricorda il gioco di apparenze, inganni e astuzie di quel tipo di commedia teatrale prima e cinematografica poi che, sin dai tempi di Marivaud, intreccia parabole di amicizia o amore e indagine sociale dalla parte degli umili.

Con quest’ultimo lavoro Ken Loach non firma forse una pietra miliare del suo cinema ma ci regala, con empatia e levità, una narrazione di speranza in un momento sociale in cui forse il suo pubblico ideale ricerca più l’evasione che un ritratto fedele della propria esistenza in difficoltà. Perché anche una commedia a lieto fine può rappresentare un atto d’impegno politico dalla parte dei più deboli.

© CultFrame 12/2012

TRAMA
Scozia, in un paesino vicino Glasgow. A causa dell’aggressione violentissima di cui è stato autore, Robbie si ritrova a scontare una pena di 300 ore di lavori socialmente utili. In tale occasione fa la conoscenza di un assistente sociale molto umano con cui il ragazzo per caso scopre di avere un olfatto da sommelier di whisky. Insieme ad altri tre disperati come lui, Robbie viene a conoscenza di un’asta per assegnare una botte  di un whisky preziosissimo e costoso e tenta in ogni modo di entrarne in possesso sperando così di dare una svolta alla propria vita.

CREDITI
Titolo: La parte degli angeli / Titolo originale: The Angel’s Share / Regia: Ken Loach / Sceneggiatura: Paul Laverty / Fotografia: Robbie Ryan / Montaggio: Jonathan Morris / Scenografia: Fergus Clegg / Interpreti: Paul Brannigan, John Henshaw, Roger Allam,  Gary Maitland, Jasmin Riggins, William Ruane / Produzione: Rebecca O’Brien / Distribuzione: BIM / Paese: Gran Bretagna / Anno: 2012 / Durata: 101 minuti

SUL WEB
Filmografia di Ken Loach
BIM

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