J. Edgar ⋅ Un film di Clint Eastwood

J. Edgar è forse il film più “americano” dell’ottanduenne Eastwood. Innanzitutto perché rievoca alcuni passaggi tanto fondamentali per la recente storia statunitense quanto poco noti alla maggior parte del pubblico italiano. E poi perché lo fa con la tipica andatura pachidermica del biopic a stelle e strisce: durata eccessiva, abuso del flashback, strepitosa ricostruzione, cast azzeccato, ingenuità involontarie. Sin dal titolo, il nome invece del cognome, Clint dichiara l’intenzione di ritrarre il côté più privato del “supersbirro” Hoover, il suo background, le ossessioni, la solitudine, la paranoia, l’inflessibile/maniacale determinazione e le manie di grandezza, trovando in Di Caprio l’interprete perfetto, mimetico e misurato, sofferente e repellente.

L’intreccio tra il “destino di una nazione” e quello del suo guardiano più estremista (superato in paranoia solo dal Senatore McCarthy) viene però sviluppato attraverso il solito meccanismo di flashback che incrociano l’infanzia repressa di Hoover e la strabordante presenza della madre/maestra, la gioventù complessata e sessualmente confusa, la vecchiaia avvelenata dalla smania di potere e dal perenne sospetto, causando così un effetto di meccanica prevedibilità. Infanzia, gioventù, vecchiaia: schema semplice per vicende complessissime alle quali il regista sceglie di dedicare solo qualche accenno per inquadrare storicamente gli eventi, preferendo una lettura “intima” del personaggio. Ma proprio questo pare essere il maggior problema di J. Edgar: l’“autopsia” di Hoover si ferma in superficie, Clint non affonda il bisturi, rifugge dallo “sporco” preferendo un registro di classica eleganza che, se poteva risultare adatto a Invictus o Changeling, qui pare non rendere appieno i volumi di ombre e luci del protagonista, le sue ambiguità e la strisciante follia dei tempi. Tutto rimane in superficie, una magnifica superficie addobbata e ben fotografata, ma tutto sommato freddina e lievemente ridondante. Hoover sembra così entrare nel novero dei “mostri pubblici” che sono riusciti ad influenzare nazioni intere, ma la sceneggiatura di Black, unita ad una regìa non sempre incisiva, non riesce ad illuminarne le ragioni più profonde ed inquietanti, rifugiandosi in un’equidistanza che tenta di far passare la superficialità per obiettività.

Da ultimo, una domanda che mi pongo da anni: ma come è possibile che si possano creare mondi alieni, mostri, superobot ed astronavi assolutamente credibili, ma ancora non si riesca ad invecchiare gli attori in modo plausibile?

© CultFrame 01/2012

TRAMA
La vita pubblica e privata di J. Edgar Hoover, capo dell’FBI per circa cinquant’anni e sotto ben otto Presidenti degli Stati Uniti. Quello che è stato considerato a lungo come l’uomo più potente di tutta l’America, non si fermò di fronte a nulla pur di proteggere il suo Paese, spesso anche infrangendo le regole. Un racconto sulla sua vita, pubblica e privata, e sulle relazioni di un uomo che poteva distorcere la verità con la stessa facilità con la quale la sosteneva e la affermava: un’esistenza dedicata alla sua idea di giustizia, che spesso tendeva verso il lato oscuro del potere.

CREDITI
Titolo originale: J. Edgar / Regìa: Clint Eastwood / Sceneggiatura: Dustin Lance Black / Fotografia: Tom Stern / Montaggio: Joel Cox, Gary Roach / Scenografia: James J. Murakami / Musica: Clint Eastwood / Interpreti principali: Leonardo Di Caprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Josh Lucas, Judi Dench, Lea Thompson, Ed Westwick, Josh Hamilton / Produzione: Malpaso Productions, Imagine Entertainment, Wintergreen Productions / Distribuzione: Warner Bros. / Paese: U.S.A., 2011 / Durata: 137 minuti

SUL WEB
Sito ufficiale del film J. Edgar di Clint Eastwood
Sito italiano del film J. Edgar di Clint Eastwood
Filmografia di Clint Eastwood
Warner Bros.

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