Intervista al regista giapponese Sion Sono ⋅ 29° Torino Film Festival

Grazie alla sezione Rapporto Confidenziale che siamo riusciti, nella 29ma edizione del TFF, ad entrare nel mondo esclusivo del giapponese Sion Sono.
Una galassia di pellicole molto personali che si muove tra classicità ed underground come spesso accade nel miglior cinema nipponico contemporaneo. Il Torino Film Festival ha portato un’infinità di opere di questo regista singolare il cui cinema è stato in molte manifestazioni ma non è mai riuscito a trovare un suo pubblico nelle sale, a parte quelli degli studiosi e delle fanzine. Troppo poco.
La kermesse torinese non solo ha portato un corpo notevole di pellicole di Sono ma anche lo stesso regista in carne ed ossa, presenza necessaria, per l’interpretazione di molti dei suoi film.

CultFrame l’ha incontrato.


Abbiamo saputo che le piace la città di Torino come mai?

Ho visto molto cinema italiano, soprattutto quello del passato, e appena arrivato a Torino ho avuto molta nostalgia. È la mia prima volta qui ma l’aria che tira è quella che trovavo in quel cinema. Vorrei girare un film, magari un horror, anche se poi il genere non importa, e comunque vorrei ambientarlo proprio qui a Torino.

Lei dice, nelle sue pellicole è l’odio a portare all’amore. Questi elementi così ancestrali appartenevano alle società antiche. Crede che la società giapponese sia meno stratificata di quella occidentale?

Questa è una domanda difficile.  Ciò di cui sono sicuro è che il mio cinema non appartiene alla tradizione e non la contempla. Questa cosa che dite è vera ma forse la risposta sta nel fatto che ho visto molto cinema giapponese del passato, film veramente vecchi che erano più elementari e contenevano questi temi. Forse questo mi ha influenzato.

Lei ci parla di un paese così pacifico ma come spiega l’ondata di violenza di cui il cinema Giapponese è permeata?

Ma guardi che i film di cui lei parla sono soprattutto i miei e quei di Takashi Miike che appartengono al cosiddetto cinema underground. E sono anche i film che arrivano ai festival occidentali. Quelli che voi vedete. Ma il 99% del cinema giapponese, quello che producono le majors, quello che il pubblico del mio paese vede sono commedie, melodrammi e in genere un cinema molto commerciale.

Nei suoi film ci sono spesso adolescenti “ribelli” c’è qualcosa di autobiografico in questo?

Ho avuto dei genitori particolarmente severi ed ho dovuto ribellarmi questo è vero!

Il suo cinema si divide in due parti. Una prima molto sperimentale anche nel linguaggio e un a seconda che accetta le regole del gioco cinematografico. Come mai ha deciso di fare questo passaggio?

Nei miei primi lavori ero interessato esclusivamente al linguaggio poi ho deciso di fare cinema! Ma comunque anche nei miei film più “divertenti” ho continuato la sperimentazione. Il giorno che scoprirò che non ha senso più sperimentare cambierò linguaggio.

Himizu che abbiamo visto a Venezia parlava della tragedia dello tsunami e del terremoto che hanno colpito il suo paese anche se in modo marginale. Di che parlerà nel suo prossimo film?

Ovviamente della tragedia di Fukushima.

Quali sono i registi che le hanno influenzato di più?

Sono tre. Sicuramente Sokurov, che sono contento che abbia vinto il premio a Venezia (non sapevo che non aveva mai vinto un premio così importante), Tarkovskij e un regista greco…. veramente importante…..

….Theo Angelopoulos?

Sì, proprio lui. Lo conoscete?

Certo.

© CultFrame 11/2011

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