Faust ⋅ Un film di Aleksandr Sokurov ⋅ 68. Biennale Cinema Venezia

Capitolo finale di una tetralogia dedicata alla natura del potere, il Faust di Sokurov offre una visione altra del celeberrimo personaggio protagonista della monumentale opera di Goethe. Non si tratta infatti di una vera e propria trasposizione cinematografica quanto di un’ispirazione, una suggestione profonda scaturita dall’eroe goethiano. Un uomo inquieto e, nel contempo, “semplice”, spinto da istinti primordiali come la fame e la lussuria e che, da creatura infelice qual è, spinge lo stesso demonio ad andare oltre il concetto stesso di umano.
Nell’inquadratura iniziale, mentre Faust, insieme al suo assistente, seziona un cadavere, si arrovella su quesiti filosofici smembrando quel corpo che pare rivelare l’essenza stessa del nostro essere: un guscio che conserva al suo interno anche raccapriccianti misteri.
L’incontro con il diavolo, individuo deforme che porta su di sé i segni-cicatrici del suo passato di angelo caduto è, per Sokurov, l’inizo di un viaggio visionario e potentemente immaginifico. Faust attraversa così ogni inquadratura ammaliato dal delirante fascino del suo luciferino compagno e si appresta a conoscere il Male. Tra la morte e la dissolutezza spunta però il fiore candido di Margherita, creatura  virginale che turba i sensi dell’inquieto dottore che, con lei, vorrà fermare quell’attimo di assoluto piacere.

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La regia potente di Sokurov trasforma il Faust in una esperienza totale. L’artificio, sovente anche vistoso, si fa mezzo per rafforzare il vigore formale della messa in scena e l’immagine, nel suo deformarsi, filtra lo sguardo attraverso una lente che esaspera i contorni del reale, mettendone in discussione la forma e il senso. Nell’incessante narrazione del flusso di coscienza, tra la parola espressa e il pensiero interiore, l’immagine si fa pura rappresentazione di arte. Attingendo dall’immortale opera di Goethe, ma anche dalla suggestione di Bulgakov de Il Maestro e Margherita, il regista russo rinnova la lezione dei grandi capiscuola del cinema, dagli espressionisti tedeschi ai formalisti russi, e realizza un film estremamente complesso – se non addirittura ostico – e che, tuttavia, rivela un indubbio, quanto complesso, incanto seduttivo. Oltre la visione si approda, in tal modo, alla percezione, a patto di abbandonarsi al costante mutamento dello sguardo registico che, al pari di un tumulto dell’animo, trasforma il reale, lo distorce o lo esalta come nella sublime inquadratura di Margherita, il cui volto inondato di luce esprime magnificamente la Grazia che da esso scaturisce. Tra la parola e il sogno, l’ossessione e l’incubo, Faust è, qui uomo e simbolo, oggetto d’arte ed eroe di carta e non può che spingere verso sentimenti estremi: lo si odia, oppure come Goehte, che dedicò a lui quasi l’intera vita, lo si ama: perché “sogna l’impossibile”.

© CultFrame 09/2011 – 10/2011


TRAMA

Il Dott. Faust è un uomo tormentato e sempre più disincantato nei confronti della vita. L’incontro con il demonio lo porterà ad intraprendere un viaggio attraverso il senso stesso dell’esistenza. L’eroe immortale dell’opera di Goehte diventa così un pensatore e un anarchico, un farabutto e un sognatore che desidera spingersi oltre, anche al di là del concetto stesso di “tentazione”.


CREDITI

Titolo: Faust / Regia: Aleksandr Sokurov / Sceneggiatura: Juri Arabov, Aleksandr Sokurov, Marina Koreneva, dalla tragedia Faust di Johann Wolfgang von Goethe / Fotografia: Bruno Delbonnel / Montaggio: Jorg Hauschild / Scenografia: Elena Zhukova / Musica: Audrey Sigle / Interpreti: Johannes Zeiler, Anton Adasinskiy, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla, Antje Lewald, Florian Bruckner, Maxim Mehmet, Sigurdur Skulasson / Produzione: Proline Film / Distribuzione: Archibald Film / Paese: Russia, 2011 / Durata: 134 minuti

SUL WEB
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