Gabriel Orozco. Una retrospettiva a Londra

gabriel_orozco-yellow_schwalbeLa Tate Modern dedica una retrospettiva all’artista messicano Gabriel Orozco, un viaggio fatto di incontri e relazioni, attraverso una pratica che include scultura, fotografia e pittura. Orozco sceglie oggetti e simboli del quotidiano, li altera e li modifica, ne documenta la natura transiente, svelando al visitatore panorami connotati da monumentalità ed effimero, complessità e gaiezza.
Il percorso inizia con un lavoro del 1991, My Hands are My Heart. L’artista si fa ritrarre a torso nudo, mentre preme tra le mani un pezzo di morbida argilla. Dalle dita che si schiudono, emerge la forma di un cuore. Per chi fa arte, mani e cuore diventano una cosa sola. La materia duttile reca impressa nelle striature della creta la forza vitale, tracce di umanità che sopravvivono in un oggetto ormai fragile e indurito, adagiato in una teca al centro della stanza.
Orozco usa la stessa terra cruda con cui si costruiscono i mattoni, interagisce fisicamente con un materiale non nobile, non specialistico, e, a distanza di oltre un decennio, gli dà forme e pesi desunti da parti del suo corpo (bacino, torso, braccia, testa). Nell’intervento sculturale la rappresentazione non si rifà direttamente al modello, lo rappresenta inavvertitamente, per somiglianza, attraverso la manipolazione dell’argilla, su cui mani, gomiti, ginocchia, premono ed imprimono, lasciando tracce intime e leggibili.

gabriel_orozco-black_kitesLa stessa fisicità che si ritrova in Black Kites, una delle opere più celebri dell’artista, realizzata nel 1997, quando Orozco si trovava a casa convalescente per un collasso polmonare. Nel corso di diversi mesi, con l’ausilio di una matita, l’artista ha ricoperto con un motivo a scacchiera, la superficie di un object trouvé, un vero teschio umano. La trama segue l’andamento dei contorni, quadri e losanghe ridefiniscono un’emblema di morte, dandone un’immagine elegante, l’ordine esatto su cui meditare.
Interessante l’accostamento di quest’opera a Obit (2008), una recente installazione in cui, ai necrologi di personaggi più o meno noti, estrapolati dal New York Times, si eliminano nomi e date, per lasciare solo aneddoti veloci, connotazioni di una riga che trasudano humour e poesia.

Un’installazione di 40 immagini, Until You Find Another Yellow Schwalbe (1995), documenta invece le peregrinazioni dell’artista per anonime vie di Berlino in sella ad uno Schwalbe, l’assidua ricerca di un motoscooter identico, da affiancare e fotografare. L’incontro fortuito tra i due oggetti diviene metafora del bisogno umano di riconoscersi nei propri simili e di appartenere ad un gruppo, ad una connessione, qualsiasi essa sia.
Oggetti industriali umanizzati, riassemblati poeticamente o riconfigurati in paradossi estetici, dalla scultura di biciclette fuse insieme in un gioco di direttrici contrastanti e precario equilibrio, alla Citroën DS privata della parte centrale e ripensata come lucido concetto aerodinamico.
L’evento è effimero, ma può ancora accadere, sta ancora accadendo. Nella serie fotografica Extension of Reflection (1992) intricati rami d’albero si riflettono in pozzanghere, nelle impronte umide di pneumatici sull’asfalto. La vita si svolge attraverso brevi, attimi fuggenti, che la foto fissa e rende memorabili, come il fiato che appanna le superfici lucide di un pianoforte, il cane che dorme nell’incavo di un albero, la pioggia che riempie l’interno floscio di un pallone bucato.

gabriel_orozco-dsIn Yelding Stone (1992) una grande sfera di plastilina, dello stesso peso dell’artista, viene fatta rotolare nelle strade, assumendo altri motivi, inglobando detriti e sostanze, fino a divenire una sorta di autoritratto, il simbolo  di un animo nomade e  ricettivo.
Lo sporco che si raggruma e raccoglie per le strade del mondo è anche metafora di chi per quelle strade cammina, vive, esperimenta, lasciandosi dietro effimere tracce del suo passaggio. Lintels (2001) installazione che chude il percorso, si connota per un lirismo intenso e struggente. Realizzata utilizzando gli scarti accumulatisi nei filtri delle asciugatrici automatiche delle lavanderie di New York, l’opera si esplica in una serie di materiali delicati, avanzi di fibre ed elementi organici, polvere, cenere e capelli, pressati ed appesi ad un filo, come vestiti.
Frammenti di vite umane effimere e fragili, vessilli che tremano appena, mentre ci si passa sotto per raggiungere l’uscita; elegie mute, che trasformano la percezione della realtà e che ci inseguono come fantasmi, anche quando di quello spazio non si fa più parte.

© CultFrame 02/2011


IMMAGINI

1 Gabriel Orozco. Until You Find Another Yellow Schwalbe 1995. Tate © Courtesy of the artist; Marian Goodman Gallery, New York; Galerie Chantal Crousel, Paris; and kurimanzutto, Mexico City
Black Kites 1997. Philadelphia Museum of Art. Gift (by exchange) of Mr. and Mrs. James P. Magill, 1997. © Courtesy of the artist; Marian Goodman Gallery, New York; Galerie Chantal Crousel, Paris; and kurimanzutto, Mexico City
La DS 1993. Fonds national d’art contemporain, Puteaux, France. © Courtesy of the artist.  Photo: Florian Kleinefenn

INFORMAZIONI
Dal 19 gennaio al 25 aprile 2011
Tate Modern / Bankside, Londra / Telefono: +44(0)20.78878888
Orario: domenica – giovedì 10.00 – 18.00 / venerdì e sabato 10.00 – 22.00
Biglietto: £10.00

LINK
CULTFRAME. Mostra di Orozco, Wentworth, Wurm. FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma. III Edizione
Tate Modern, Londra

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