Cronotopie ⋅ Un libro di Marco Barbon

Una delle accezioni della parola ‘immagine’ è la seguente: “idea che ci si fa di persone o altre realtà, in particolare per mezzo della loro presentazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa” (Dizionario della Lingua Italiana Gabrielli). Tale idea è dunque strettamente legata all’uso comunicativo (con tutto quel che comporta sul piano del rapporto asimmetrico tra ente veicolatore dell’immagine e fruitore) di raffigurazioni di elementi della realtà collocati all’interno di un contenuto; come se l’immagine e ciò che viene raffigurato in essa debbano sempre e per forza mostrare un significato riconducibile ai meccanismi del reale, o addirittura del racconto. Di tale problema soffre la fotografia contemporanea, sempre vittima di quel senso di subalternità culturale che sembra bloccare le potenzialità creative di una disciplina che, invece, è territorio privilegiato nell’ambito della riflessione filosofica, dell’estetica, della poesia e della psicanalisi.

Di ciò è perfettamente consapevole Marco Barbon, il quale nel suo libro intitolato Cronotopie riesce a concentrarsi in maniera limpida su una impostazione visuale basata essenzialmente sui concetti di fuggevolezza del reale, fragilità/precisione della percezione, fuga dal significato, “autonomia” della composizione. Le polaroid che compongono Cronotopie sono, in tal senso, emblematiche. Le opere fotografiche riproducono azioni fisiche che sembrano voler cristallizzare degli “attimi”, ma tali istanti non hanno niente di più rilevante rispetto ai numerosi altri istanti non bloccati dallo scatto fotografico. Questa scelta fa emergere la questione della fotografia come luogo della possibilità (tra le tante, innumerevoli) e non come oggetto mitizzato dell’altrettanto iper-sacralizzato e discutibile istante decisivo (decisivo rispetto a chi e a che cosa?).

Una sfera che rimbalza e proietta la sua ombra, alcuni oggetti che sembrano fluttuare nell’aria, una piuma che plana leggera, la stessa piuma (o un’altra, che differenza fa) adagiata per terra. Scie fantasmatiche, ombre, spazi enigmatici. Raffigurazioni di frazioni spazio-temporali (simili a molte altre) che non hanno nessun altro significato se non quello insito nelle regole della fisica che governano tali  evoluzioni. Eppure, attraverso queste immagini liberate dal senso, Barbon riesce a edificare un’architettura visiva che evoca universi contraddistinti da una sensazione di sospensione che diviene la sostanza compositiva delle sue opere. Si tratta di un lavoro di rara, quanto alta, chiarezza concettuale che possiede anche una connotazione filosofico/saggistica.

Le opere pubblicate nell’elegante libro edito da Postcart, infatti, parlano dell’essenza impalpabile e profonda della fotografia, dell’azione del significante, liberando al contempo lo sguardo del fruitore dalla perversa tendenza consumistica della ricerca obbligatoria del significato. Alle opere di Cronotopie bisogna abbandonarsi in una sorta di percorso lucido/onirico che diviene possibile solo se chi guarda riesce a liberarsi dal ruolo che le convenzioni culturali gli hanno assegnato.

Comprendere, per ciò che concerne la fruizione dell’opera d’arte fotografica (ma non solo), non ha alcun valore (o un valore minimo), mentre lasciarsi accarezzare dall’inutilità pura e indispensabile dello scatto diviene atto di consapevolezza filosofica e autodeterminazione soggettiva.

© CultFrame 11/2010

TROVI IL LIBRO QUI:
Cronotopie. Un libro di Marco Barbon. Ediz. italiana e francese


CREDITI

Titolo: Cronotopie / Autore: Marco Barbon / Editore: Postcart / Testo: Alain Jouffroy / Anno: 2010 / Prezzo: 30.00 euro / ISBN: 978-88-86795-37-1

SUL WEB
Il sito di Marco Barbon
Postcart Edizioni

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