Il cinema di Corso Salani ⋅ Festival Internazionale del Film di Roma 2010 ⋅ L’Altro Cinema / Extra

Frame del film I casi della vita: Cesena, Italia di Corso Salani

L’Altro Cinema/Extra ha proposto, per ricordare Corso Salani, attore, autore, documentarista e videomaker scomparso lo scorso sedici giugno, una maratona di cinema italiano indipendente. La giornata, inaugurata da due lavori dello stesso Salani, è proseguita con la proiezione di documentari di artisti diversi tra loro, ma accomunati dal desiderio di esplorare, di sperimentare, in maniera personale e con inventiva. Il variegato Per-Corso tracciato dai selezionatori, attraverso le opere scelte, si è rivelato davvero il modo migliore per rendere omaggio (Per Corso) ad un autore di difficile definizione e di grande umanità. L’intensa partecipazione emotiva, la ricerca della verità, l’attenzione ai rapporti interumani, caratteristiche del cinema di Salani, sia come regista che come attore, sono rintracciabili anche nei due corti che hanno aperto la maratona.

Si tratta di due episodi della serie I casi della vita (2010): Deva, Romania e Cesena, Italia, commissionati dall’Enel sul fenomeno delle morti bianche. In entrambi i casi, ciò che colpisce è il modo in cui Salani tratta i corpi e le immagini, prosciugandoli e spogliandoli di ogni orpello e finzione. I primi piani, dolenti e bellissimi dei protagonisti, oltre che interrogarci sul senso delle umane vicende (“Io non ho mai creduto nel destino, nel caso: tutto quello che succede, succede per un motivo” – dice la sorella di una delle vittime) comunica con grande forza ed efficacia il vuoto lasciato dalla morte di una persona cara e la fatica di ricominciare da soli.

difficoltà di vivere, nelle varie sue forme, è al centro anche del documentario Le radici e le ali di Claudio Camarca e Maria Rita Parsi. Si sente sempre parlare di adolescenti e delle loro difficoltà, qui sono i ragazzi stessi a prendere la parola e a raccontarsi. Il film nasce come una sorta di “Lego”, da montare e smontare, per essere mostrato nelle scuole e per avere delle risposte da parte dei ragazzi. I due autori hanno girato l’Italia, da Montesilvano a Todi, da Pesaro a Roma, fino a Torino, per ascoltare giovani alle prese con la droga, con problemi alimentari o, più semplicemente, con i genitori, con la scuola, con la società. Anche se si tratta di un’operazione finalizzata ad uno scopo preciso (interagire con i ragazzi), si avverte la volontà di dar vita, dal punto di vista del linguaggio, ad un’opera “cinematografica”, come dimostra, per esempio, la scelta, simbolica, di inquadrare, per evidenziare la loro parte più fragile, la nuca dei ragazzi.

Protagonisti di L’elefante occupa spazio di Francesco Barnabei sono, invece, Fernando, Elio ed Ermanno, proiezionisti, rispettivamente, dell’ex cinema teatro Volturno, del Greenwich e del Nuovo Sacher. Tra sequenze recitate e momenti surreali, il documentario è anche un omaggio al cinema e alla sala cinematografica. Barnabei, che per un periodo ha vissuto personalmente l’esperienza di proiezionista, mostra come questa attività non consista solo nell’“accendere  la lampada”, ma nel difendere un territorio, “luogo fisico di una trascendenza laica”. Con leggerezza e ironia, L’elefante occupa spazio indica il cinema come una forma di utopia e conclude, con le parole di Ermanno, che “è sempre una grande cosa quando l’utopia (se è bella!) diventa realtà”. Hanno completato il programma, tra gli altri, La politica del desiderio di Flaminia Cardini e Manuela Vigorita, Fryderyk Chopin di Angelo Bozzolini, Roma di Theo Eshetu, Breve film d’amore e libertà di Costanza Quatriglio.

© CultFrame 11/2010

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