Mesopotamian Dramaturgies. Mostra di Kutlug Ataman

kutlug_ataman-strange_spaceUn uomo vestito di nero. Piedi nudi e una benda scura che copre gli occhi. Il soggetto si allontana in una zona desertica. La luce è accecante, il cielo di un azzurro intenso. Montagne all’orizzonte.
Si tratta di Strange Space, opera video di Kutluğ Ataman, cineasta e artista turco a cui il MAXXI – Museo nazionale delle arti XXI secolo di Roma ha dedicato un’interessante personale incentrata sul progetto Mesopotamian Dramaturgies (curatrice Cristiana Perrella).
Dopo aver visitato l’intero spazio del nuovo MAXXI ed aver subito la straordinaria architettura di Zahah Hadid, struttura che mette a dura prova la compattezza della mostra intitolata Spazio, l’ambiente che ospita la personale di Ataman riporta finalmente il fruitore nella condizione di riuscire a percorrere un tragitto razionale nell’ambito della produzione di un artista le cui idee sembrano ricche di spunti e di riferimenti nei riguardi di determinate condizioni socio-politiche dei popoli del Medio Oriente. Il tutto filtrato attraverso la questione dell’identità. Intorno a tale fattore ruota l’intera opera di Ataman, il quale però cerca di allargare il contesto della sua riflessione dall’impostazione soggettiva (e quindi di fatto riduttiva) tipica di queste  iniziative a quella legata al territorio, e ancor di più alla storia e alla geografia di questo territorio.
Kutluğ Ataman compie, dunque, un’operazione di ampio respiro, cercando attraverso le sue elaborazioni audiovisive di guardare con lucidità la realtà del suo paese.

kutlug_ataman-journey_to_the_moonIl fatto che Ataman sia in primo luogo un cineasta si percepisce immediatamente, dalla cura degli aspetti visuali, dall’attenzione verso il cinema documentaristico e  verso l’intervista intesa come potente elemento di comunicazione e come testimonianza che va la di là del caso singolo per divenire simbolo di un’intera situazione sociale e umana.
L’autore, oltretutto, agisce chiaramente su diversi piani linguistici, mescolando fotografia, cinema, video come nel caso di Journey to the Moon, curiosa opera basata sulla ricostruzione di una bizzarra avventura turca aerospaziale. Ataman utilizza  materiale fotografico che viene cucito in un tessuto espressivo basato sul montaggio di interviste a intellettuali turchi. L’aspetto altamente significativo di quest’opera, oltre alla questione multilinguistica, riguarda la sostanziale impossibilità di decifrare la realtà dei fatti (a patto che si siano verificati) da parte del visitatore.
Cuore dell’installazione ambientale è l’opera denominata Column. Si tratta di una vera e propria spirale, a base molto larga, ispirata alla Colonna Traiana di Roma. Innumerevoli vecchi monitori sono disposti lungo la spirale. I piccoli schermi presentano i primi piani di cittadini di una zona poco nota della Turchia. I loro sguardi sono fissi, anche se tendono a mutare con il passare dei secondi. Non si odono però le loro voci. Paradossale inno alla limitazione della libertà di espressione, Column è un’opera che fa emergere il fragoroso silenzio di chi è dimenticato dalla storia e anche dall’informazione legata all’attualità.

kutlug_ataman-domIl soffitto dell’ambiente che ospita la personale di Ataman è occupato dalla videoinstallazione Dome. Prendendo spunto dagli affreschi delle chiese romane (ammirate dopo un periodo di studi passato nella capitale italiana), l’artista ha elaborato delle pseudo raffigurazioni digitali. Lo sfondo è rappresentato da cieli azzurri che ospitano soggetti volanti, vestiti in abiti moderni e dotati di oggetti di culto della società tecnologica di oggi.
Infine, da segnalare la stanza nella quale si possono vedere: The Complete Works of William Shakespeare e English As a Second Language. Il primo video presenta lo scorrimento continuo dell’opera omnia del drammaturgo inglese ricopiata su pellicola 35 mm.. La seconda opera è composta, invece, da due proiezioni contrapposte che propongono le medesime inquadrature: due ragazzi ben vestiti che cercano di leggere dei testi poetici in inglese senza capire ciò che leggono.
Si tratta chiaramente, in questi due ultimi casi, non solo di giochi sul linguaggio, ma di esperimenti emblematici per evidenziare la separazione di una parte del mondo rispetto alla lingua commerciale in uso nella società occidentale dominante. Ataman esamina, in questo caso, il processo di esclusione a cui vengono sottoposte le popolazioni che non ricadono sotto determinati processi di colonizzazione economica.

Infine, una considerazione. Mesopotamian Dramaturgies è un’operazione creativa di estrema intelligenza, poiché non basata (come spesso capita nell’arte contemporanea) sullo shock pirotecnico dell’invenzione fine a se stessa ma sull’edificazione di un progetto che possiede delle basi culturali molto solide e che articola il suo discorso in un territorio ibrido, dunque complesso e moderno, nel quale non esistono confini precisi per quel che riguarda l’uso dei linguaggi audiovisivi.

© CultFrame 07/2010


IMMAGINI

1 Kutlug Ataman. Strange Space, 2009, Single channel video
2 Kutlug Ataman. Journey to the Moon, 2009 (still photography. 31x41cm)
3 Kutlug Ataman. Dome

INFORMAZIONI
Dal 30 maggio al 12 settembre 2010
MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo / Via Guido Reni 4/A, Roma / Telefono: 06.3223453; 06.39967350 / info@fondazionemaxxi.it
Orario: martedì – domenica 11.00 – 19.00 / gio 11.00 – 22.00 / Chiuso lunedì
Biglietto: intero €11 / ridotto: €7
A cura di Cristiana Perrella

LINK
MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Roma

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