André Téchiné

André Téchiné. 13 marzo 1943 (Valence d’Agen, Francia)

andre_techine-le_sorelle_bronteSceneggiatore, regista di parole, di attori e di attrici, di romanzi e di continue verifiche sull’arte del racconto cinematografico: sono ormai quarant’anni che André Téchiné mette in scena senza soste il suo cinema. E lo fa con una prolificità e una riconoscibilità di sguardo che possono celare le molte imprese di quello che il direttore dei “Cahiers du cinéma” Jean-Michel Frodon ha definito un personaggio “romanzesco”. A dispetto del suo carattere poco appariscente, la vita artistica di Téchiné è infatti costellata di inciampi, di rinascite e di rinnovamenti che rendono a volte difficile trovare una chiave d’interpretazione che sia unica e univoca per tutta la sua opera.
Cresciuto lontano da Parigi, nella regione Midi-Pyrénées, il giovane Téchiné approda alla capitale negli anni della Nouvelle vague e, rispettando una fortunata tradizione, debutta come critico sui “Cahiers du cinéma” con una recensione dedicata a La Peau Douce (La calda amante, 1964) di François Truffaut. Il primo lungometraggio, Paulina s’en va (1967-1970), è di alcuni dopo ed è assai travagliato: girato senza un budget adeguato, interrotto poi ripreso, come lo stile allucinato con cui il regista vuole rendere la schizofrenia della protagonista. Presentato infine a Venezia mostra, nella prima parte, la grande ispirazione de Les Enfants Terribles riletto in chiave autobiografica (la famiglia, e la fuga da essa), e soprattutto il talento dell’interprete Bulle Ogier.
Se c’è una costante nel lavoro di Téchiné, da questa sua prima regia a quelle odierne, è la sua grande complicità con alcuni dei più notevoli attori del cinema francese. Un’intesa umana che sembra essere molto spesso la vera ragion d’essere dei suoi film, ritratti degli interpreti, oltre che racconti sentimentali. E così, è Jeanne Moreau che lo aiuta per il suo secondo lungo Souvenirs d’en France (1975) mentre l’imprevisto successo di Barocco (1976) è in gran parte dovuto a Gérard Depardieu e Isabelle Adjani permettendogli di girare Les Sœurs Brontë (Le sorelle Brontë, 1979), ancora con Adjani e con quella Huppert di cui era già stato sceneggiatore in Aloïse (1975) di Liliane de Kermadec. Questo terzo film segna l’avvio del sodalizio di Téchiné con lo sceneggiatore Pascal Bonitzer.

andre_techine-hotel_des_ameriquesDalla scarsa fortuna commerciale di questa produzione a grande budget, comunque memorabile per le interpreti e per la presenza di Roland Barthes nella parte di Thackeray, Téchiné si risolleva iniziando a collaborare con Catherine Deneuve, del cui mito ridisegnerà la fisionomia a partire da Hôtel des Amériques (1981). Su questo set il regista sperimenta anche l’uso contemporaneo di due cineprese, una tecnica congeniale al suo lavoro con gli attori cui farà ricorso anche in seguito. L’intesa con Deneuve durerà fino al recente La fille du RER (2009), per  una mezza dozzina di pellicole. La volontà di non fermarsi mai ai risultati ottenuti, si confermerà nel successivo La Matiouette, ou l’arrière-pays (1983), girato per la tv, in 16mm e in bianco e nero.
Con Rendez-vous (1985), Palma per la Miglior Regia a Cannes, Téchiné fa incontrare e scontrare i giovani Juliette Binoche, Lambert Wilson e il quasi esordiente Wadek Stanczak, e si fa anche assistere per la scrittura da Oliver Assayas, suo complice ricorrente da Le Lieu du crime (Il luogo del crimine, 1986) a  Alice et Martin (Alice e Martin, 1998): regista di grandi attori, quindi, ma anche, sempre più, di esordi e di patronage. Si pensi almeno a Les innocents (1987), dove recitano Sandrine Bonnaire, e il futuro regista Abdellatif Kechiche, e ai successivi J’embrasse pas (Niente baci sulla bocca, 1991) e Les roseaux sauvages (L’età acerba, 1994).
“Faccio un film dopo l’altro ma anche un film contro l’altro”, ci ha confessato il regista in un incontro di qualche anno fa, e questo per non perdere mai la voglia di immaginare nuove avventure produttive ed emozionali. Come con Loin (Lontano, 2001) in cui si affida al digitale, e al sostegno del produttore Saïd Ben Saïd, per raccontare l’emigrazione dal Nord Africa all’Europa. Un tema già sfiorato e talvolta ripreso sullo sfondo, come in Les Temps qui changent (I tempi che cambiano 2004), che fa vedere, per due volte e quasi senza commento, i gruppi di africani in attesa di un mezzo di fortuna per attraversare il Mediterraneo nel giardino di una delle ville di Tangeri in cui si svolge il film.

andre_techine-eta_acerbaAl centro delle storie di Téchiné ci sono sempre l’individuo e i suoi legami sociali, ma soprattutto quelli familiari e affettivi, la memoria e l’esilio, i giovani, l’amore, l’omosessualità. Ma raccontando tutto questo, Téchiné non adotta quell’approccio intimista o addirittura ombelicale che alcuni identificano per antonomasia con il cinema francese, spesso un cinema “di prossimità”. Di certo, il regista predilige il ritratto dei sentimenti individuali e delle vicende personali dei suoi personaggi, e in questo si avvicina alla Nouvelle Vague. Il suo rapporto con la critica di quegli anni, e con la parola scritta da sé o da altri, segna da sempre il suo cinema. È tramite la parola scritta che egli media tra vita e immagini, mettendo l’intelletto al servizio dei sentimenti e della loro rappresentazione, non scegliendo mai un registro giudicante, né troppo distaccato.
Si potrebbe dire che la confidenza con la parola scritta che si percepisce nella scrittura dei personaggi, dei dialoghi e delle storie di Téchiné riesce a stare contemporaneamente dalla parte di Cocteau e di Brecht, e anche da quella di Barthes: perchè è una parola capace di narrare ma anche di stilizzare, confrontandosi con la materia umana, mente e corpo, con la stessa lucidità che Brecht pretendeva dai suoi attori ai quali prescriveva di recitare “a digiuno”. Il digiuno di Téchiné non è per nulla quel sottrarsi alle emozioni a cui oggi vengono attribuite sperticate quanto immeritate lodi bensì la capacità di non lasciarsi appesantire dalla soggettività e dal narcisismo.
Anche Goffredo Fofi ha scritto che il segno di Barthes è rintracciabile in tutta la carriera dell’autore, che può essere letta come una grande analisi del “discorso amoroso”, sempre meno concepito per frammenti, e con una crescente vocazione al romanzo rispetto alla cinefilia degli esordi. Nell’arco della sua carriera Téchiné è infatti riuscito ad opporsi sempre più chiaramente all’antinomia che oppone cinema popolare e cinema d’autore proprio per via della sua capacità di mettersi nei panni altrui, di parlare di temi condivisi e con un linguaggio comprensibile a tutti e su vari livelli, obiettivo chiaramente enunciato in varie interviste dallo stesso autore.
Come ha giustamente osservato da Alain Philippon, il linguaggio di Téchiné sa coniugare “prosa e poesia”, estetica e narrativa. Combinare fattori come questi, tra loro anche molto diversi, è forse una delle caratteristiche principali di questo regista e sceneggiatore, che ha studiato il cinema dei padri e dei fratelli maggiori per dare vita a una sua cifra personale. E il peso del passato, o della mancanza del passato e di esperienza, è spesso la molla che forza il suo linguaggio e i suoi personaggi verso un ingresso brutale e traumatico nella vita. Come François Truffaut disse prima di lui, Téchiné ripete infatti ancora oggi: “Faccio parte di quella categoria di registi per cui fare film è un modo di prolungare l’adolescenza”.

BIOGRAFIA

andre_techineAndré Téchiné nasce il 13 marzo del 1943 nella regione Tarn-et-Garonne. Appassionato di cinema, negli anni Sessanta prova ad entrare all’Institut des hautes études cinématographiques di Parigi ma non passa il concorso. Questo non gli impedisce di perseverare e di continuare a coltivare la sua passione. Riesce infatti ad entrare ai Cahiers du cinéma dove per anni lavorerà all’insegna di una tradizione inaugurata dai critici-cineasti della Nouvelle Vague. Continua poi a tentare la carriera dietro la macchina da presa lavorando come aiuto regista di Jacques Rivette, Luc Moullet, Marc’O. Negli anni Settanta si cimenta anche come attore ne La maman et la putain di Jean Eustache. Nel 1969 realizza il suo primo lungometraggio, Paulina s’en va che vede protagonista Bulle Ogier. Il film uscirà nel 1975, ragione per cui Téchiné considera come suo vero esordio Souvenirs d’en France, uscito nel 1974 con la collaborazione produttiva di Jeanne Moreau. Da subito, il rapporto con gli attori e i legami che Téchiné riesce a creare dentro e fuori dal set determinano da una parte la cifra stilistica del suo lavoro e dall’altra l’andamento della sua carriera. Nel 1976 esce Barocco con Isabella Adjani cui segue nel 1981 Hôtel des Amériques, con Patrick Dewaere e Catherine Deneuve. Quest’ultima continuerà regolarmente a recitare nelle pellicole di Téchiné diventandone la musa ispiratrice nonché uno degli ingredienti del suo successo.
Il 1985 è l’anno della consacrazione: benché non senza polemiche, riceve a Cannes il premio per la regia con Rendez-vous, film sceneggiato da Olivier Assayas. Téchiné è tornato poi diverse volte al Festival di Cannes e nel 1999 è stato membro di giuria. Il cineasta mette in scena il mondo delle emozioni, delle relazioni, degli amori con una sensibilità che nel tempo si è fatta sempre meno letteraria e sempre più realista. In Niente baci sulla bocca (1991) si racconta una vicenda di prostituzione, la famiglia e l’amore sono al centro di Ma saison préférée (1992), de I tempi che cambiano (2004) e del bellissimo Les Témoins (2006) che tratta con grande equilibrio il tema dell’AIDS. Téchiné non disdegna poi la televisione ed è sorprendente la grazia di una produzione televisiva come L’età acerba (1993), storia di quattro adolescenti ambientata durante la guerra di Algeria. Una versione del film è uscita al cinema risquotendo grande successo e vicendo due César, per la regia e per la sceneggiatura. Nel 2009, il regista è tornato sugli schermi con La Fille du RER, ispirato alla storia vera della ragazza che qualche anno fa si finse vittima di un attacco antisemita su una linea della RER parigina. Nel film Catherine Deneuve recita accanto a Michel Blanc e alla brava Emilie Dequenne, già nota come protagonista di Rosetta dei fratelli Dardenne.

©CultFrame 04/2010


FILMOGRAFIA

Aiuto regista
1968 Les Idoles di Marc-Guilbert Guillaumin (Marc’O)
1969 L’amour Fou di Jacques Rivette

Attore
1966 L’accompagnement di Jean-André Fieschi (corto)
1973 La Maman et la Putain di Jean Eustache
1988 Les Ministères de l’art di Philippe Garrel (documentario tv)

Regista e sceneggiatore
1970 Paulina s’en va
1972 Michel, l’enfant roi (tv, solo regia)
1975 Souvenirs d’en France
1976 Barocco
1979 Les Sœurs Brontë (Le sorelle Brontë)
1981 Hôtel des Amériques
1983 La Matiouette, ou l’arrière-pays (tv, per la serie Télévision de chambre, poi uscito anche nei cinema)
1985 L’atelier (tv, da un’idea di Patrice Chéreau, realizzato con gli studenti del teatro di Nanterre-Amandiers)
1985 Rendez-vous
1986 Le Lieu du crime (Il luogo del crimine)
1987 Les innocents
1991 J’embrasse pas (Niente baci sulla bocca)
1993  Ma saison préférée (Ma saison préférée – La mia stagione preferita)
1994 Le Chêne et le roseau (tv, per la serie Tous les garçons et les filles de leur âge… poi rielaborato in Les roseaux sauvages)
1994 Les roseaux sauvages (L’età acerba)
1996 Les voleurs
1998 Alice et Martin (Alice e Martin)
2001 Loin (Lontano)
2003 Les Égarés
2004 Les Temps qui changent (I tempi che cambiano)
2007 Les Témoins (I testimoni)
2009 La fille du RER

Sceneggiatore di regie altrui
1975 Aloïse di Liliane de Kermadec
1983 Hughie di Frédéric Compain da Eugene O’Neill
1991 Mauvaise fille di Régis Franc
1996 Transatlantique di Christine Laurent
2001 Café de la plage di Benoît Graffin


IMMAGINI

1 Frame dal film Le sorelle Brontë
2 Locandina del film Hôtel des Amériques
3 Frame dal film L’età acerba
4 André Téchiné

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