Nanni Moretti ⋅ Maestri del Cinema

Frame dal film “Ecce Bombo” di Nanni Moretti (1978)

Nanni Moretti. 19 agosto 1953 (Brunico)

Regista, attore, produttore, distributore ed esercente, Moretti è uno dei principali protagonisti del cinema italiano, conosciuto e amato a livello internazionale. I suoi film, personalissimi e insieme “politici”, partono da situazioni e cose semplici: la famiglia, gli amici, il pallone, la nutella, i rapporti sentimentali ma, in ogni caso, “inevitabilmente”, emerge la tensione morale del regista. Il suo è davvero, come ha scritto Franco Montini, “un cinema etico”. Ciascuno dei film di Moretti, pur essendo autonomo e indipendente, costituisce, tuttavia, lo sviluppo di stati d’animo, relazioni, tematiche presenti nelle pellicole precedenti. In altri termini, ogni film rappresenta una tappa, una fase del percorso esistenziale di una personalità immaginaria: di pellicola in pellicola, l’alter ego filmico morettiano cresce e matura, non solo psicologicamente. Ciascun film aggiunge un tassello in più ad una ricerca, umana e artistica che, partendo da sé, non risparmia critiche caustiche al contesto sociale e politico. Con Moretti, più che mai, come si diceva una volta, “il privato è politico”.
Con Io sono un autarchico (1976), Moretti, a soli 23 anni, diventa il caso cinematografico dell’anno. Già nel titolo del film è espresso quel desiderio impossibile e mortifero di bastare a se stesso che è la molla di ogni comportamento, compreso quello sessuale, del suo alter-ego Michele Apicella. In verità, Michele è tutt’altro che autosufficiente e l’autarchia è, piuttosto, privilegio del figlioletto Andrea che, doppiando il mondo degli adulti, con il suo teatro di burattini, cerca risarcimento alla mancanza della madre e alle superficiali attenzioni paterne.

Il rapporto di Apicella con il padre è, invece, rappresentato in Ecce bombo (1978): il genitore è triste, distante, solitario. Nei suoi confronti, Michele nutre sentimenti ambivalenti: lo schiaffeggia ma cerca anche di attirare la sua attenzione, in ogni modo, pur di provocarne una qualche reazione. Invano! In ogni processo di individuazione, la figura paterna è fondamentale perché offre un’alleanza e un orientamento al bambino, strappandolo all’angoscia di amputazione. Un padre debole, mal differenziato nella coppia genitoriale, rende complicato e difficile  separarsi dalla madre: il risultato finale è quello di persone che, ormai adulte, continuano ad essere solo figli. Proprio come Michele.

Sogni d’oro (1981) avrebbe dovuto, inizialmente, chiamarsi “Vorrei dormire ma tu devi danzare”, parafrasi, quest’ultima, di una proposizione tratta da “Tonio Kroger” di Thomas Mann. In un passo decisivo, Mann, per descrivere lo stato d’animo di Tonio, scrive: “Allora il suo cuore viveva; lo abitava uno struggente desiderio e una melanconica invidia e un tantino di disprezzo”. La tensione di Apicella nasce dallo stesso conflitto, dal rifiuto di scegliere tra l’accettazione di una realtà ordinaria seducente, nella sua banalità, e la sofferenza dell’isolamento. Ciò che impedisce a Michele di appagare il desiderio di normalità è l’attaccamento al proprio Io ideale, il quale non si riduce all’unione dell’Io con l’Es ma comporta un’identificazione primaria con un altro essere investito dell’onnipotenza: la madre.

Frame dal film “Bianca” di Nanni Moretti (1984)

È, però, in Bianca (1984) che, come scrive Mario Sesti, “il malessere si coagula definitivamente nelle forme della patologia”. Il professor Apicella, infatti, piuttosto che cercare fonti di piacere, non fa che preoccuparsi di difendere se stesso dalla sofferenza. E lo fa dandosi alla fuga, evitando, letteralmente, qualsiasi situazione esterna che possa provocargli il tipo di dolore che teme di più: quello dell’abbandono. “Tanto, prima o poi, mi lasceresti, non ci posso pensare… Io mi  devo difendere” – dice a Bianca. Rinunciando definitivamente ad ogni forma di gratificazione, Michele si consacra ad un sacerdozio impossibile: il recupero della simbiosi con la madre.

Nonostante i molteplici punti di contatto con Michele, Don Giulio, sacerdote stizzoso e indisponente di La messa è finita (1985) rappresenta, comunque, un notevole passo avanti nel processo di maturazione del personaggio morettiano. A dispetto della sua condizione, comprende, infatti, che “non c’è nessuna libertà nello stare da soli, che la vera libertà sta nell’essere in due”. A spingerlo verso un atteggiamento nuovo è l’esperienza del lutto (il suicidio della madre) che, sotto l’influsso dell’esame di realtà, esige categoricamente che ci si debba distaccare dall’oggetto, dato che esso non esiste più.

Frame dal film “Palombella Rossa” di Nanni Moretti (1989)

In Palombella Rossa (1989) esplode il conflitto, da sempre latente in Apicella, di tornare all’infanzia, fantasticata come un paradiso perduto, e la voglia di rinunciare a fantasie di perfezione e di onnipotenza, per fare i conti con la vita reale. La partita tra il Monteverde e l’Acireale non è che la trasposizione metaforica dei dissidi che contrappongono le parti arcaiche della personalità di Michele, decise a mantenerlo in condizioni di immaturità, e le parti più mature che spingono verso l’integrazione. Gettata alle spalle l’evasione nostalgica, l’in-fanzia (etimologicamente “mancanza, innocenza della parola”)  diventa la spinta per ribaltare le regole e rifiutare totem e valori assoluti.

Con Caro diario (1993) le cose cambiano davvero, e non solo perché protagonista è finalmente Nanni, senza più maschere o censure, ma perché il suo personaggio abbandona il narcisismo e accetta di diventare, persino, “spalla” degli altri, come accade nel secondo capitolo, “Isole”. Moretti continua a rappresentare, come sempre, la realtà con ironia ma il fastidio isterico ha lasciato il posto ad una salutare indifferenza, grazie alla quale il suo alter ego cinematografico può chiedere anticipazioni su “Beautiful” per l’amico Gerardo o stringere la mano al sindaco che vuole “Storaro per i tramonti sull’isola”, nonché trovare il tono giusto, né vittimista né sadico, per l’episodio della malattia.

Frame dal film “Aprile” di Nanni Moretti (1988)

In Aprile (1998), Moretti si impone di occuparsi di politica, quando è naturalmente appagato dalla rivoluzione (“Lo sappiamo che ci cambierà la vita”) che si sta verificando nella sua esistenza: diventare padre. Riferendosi ad Ecce bombo, Massimo Canevacci in “Antropologia del cinema” attribuisce a Michele il ruolo di Filius (o Puer) all’interno di una croce junghiana e commenta: “Filius rappresenta uno stato intermedio di passaggio, che trova la sua origine nel Pater e il fine nel diventare a sua volta sempre Pater”. E’ proprio questo, a livello psicologico, il passaggio fondamentale del film: Michele-Nanni, da eterno figlio, si trasforma in genitore.

Ne La stanza del figlio (2001), torna il tema della perdita: il distacco, però, non è più, come nel primo Moretti, tutt’uno con una ferita narcisistica. Se Michele-Don Giulio, in La messa è finita , viveva il suicidio della madre come un tradimento e non riusciva a coglierne il carattere necessario e trasformativo, qui il ritorno alla vita avviene con l’apertura all’altro (la fidanzatina di Andrea) che, certo, rimanda l’immagine del figlio perduto ma, pure, è visto come una persona a se stante, autonoma e reale.

Sancito dalla morte del figlio maschio nel film precedente, Il caimano (2006) è caratterizzato dalla preponderanza di un versante femminile, decisivo e catartico. Accanto a Teresa, autrice del documentario sull’Italia, vi sono altre donne in ruoli chiave: la tranquilla compagna Paola si trasforma nella vendicatrice Aidra, il Pubblico Ministero, interpretato da Anna Bonaiuto, si batte, nel finale, per affermare la legalità. Ne Il caimano, la donna non è più madre, come in Sogni d’oro e La messa è finita, o ossessione da cui difendersi, come in Bianca, bensì una diversa modalità psichica con cui confrontarsi.


BIOGRAFIA

nanni_morettiNanni Moretti nasce a Brunico, in provincia di Bolzano, dove i suoi genitori si trovano in vacanza, il 19 agosto 1953. Nel 1973, dopo la maturità classica, gira in Super 8 due cortometraggi: La sconfitta e Paté de bourgeois. L’anno successivo, sempre in Super 8, realizza Come parli frate?, parodia dei Promessi Sposi. Nel 1976 , autofinanziandosi, gira il suo primo lungometraggio, ancora in Super 8: Io sono un autarchico. Il 1978 è l’anno di Ecce bombo, presentato in concorso a Cannes. Il film successivo, Sogni d’Oro ottiene il premio speciale della giuria al Festival di Venezia del 1981. Del 1984 è Bianca e del 1985 La messa è finita, vincitore dell’Orso d’argento al Festival di Berlino. Nel 1986, Moretti fonda, insieme ad Angelo Barbagallo, la casa di produzione “Sacher Film”. Nel 1989, partecipa al Festival di Venezia, ospite della Settimana della Critica, con Palombella Rossa. L’anno seguente, gira un documentario in 16 mm sulla trasformazione del Partito Comunista italiano: La cosa. Nel 1991, insieme a Barbagallo, ristruttura, nel quartiere di Trastevere a Roma, una sala cinematografica: il “Nuovo Sacher”. Del 1993 è il suo settimo lungometraggio, Caro Diario. Seguono  Aprile (1998) e La stanza del figlio, Palma d’Oro al Festival di Cannes 2001. Nei cinque anni che separano La stanza del figlio da Il caimano (2006), Moretti si dedica, più intensamente che in passato, alla militanza politica: è del febbraio 2002 il famoso intervento a Piazza Navona.

© CultFrame 01/2010


FILMOGRAFIA

1973 La sconfitta
1973 Paté de bourgeois
1974 Come parli frate?
1976 Io sono un autarchico
1978 Ecce bombo
1981 Sogni d’oro
1984 Bianca
1985 La messa è finita
1989 Palombella Rossa
1990 La cosa
1993 Caro diario
1996 Il giorno della prima di Close-up
1998 Aprile
2001 La stanza del figlio
2006 Il caimano
2011 Habemus Papam
2015 Mia madre

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