Gerhard Richter Portraits ⋅ Una mostra a Londra

Ella. By Gerhard Richter, 2007. Private Collection. ©Gerhard Richter, 2009

Dagli anni sessanta Gerhard Richter, usando la fotografia come base per i suoi dipinti, ha inaugurato un procedimento di rappresentazione del mondo, oggettivo e non convenzionale, in cui la realtà interiore del soggetto si cela dietro l’apparenza, e identità e relazioni sono abrase dal contesto. I lavori di Richter, miscelando metodi meccanici e manuali, portano ad interrogarsi sullo stato sia della pittura che della fotografia nell’ambito dell’arte contemporanea e gettano uno sguardo affascinante sui modi di interpretare l’esistenza.

Alla National Portrait Gallery una retrospettiva dedicata all’artista ne ripercorre l’operato dal 1962 ai nostri giorni, selezionando un cospicuo numero di ritratti, eseguiti principalmente ad olio su tela, ma anche con tecniche miste, in cui personaggi anonimi o riconoscibili, celebrità o familiari, avvicendandosi in pose e contesti banali, si offrono allo spettatore in una seducente e vasta gamma di interpretazioni.

La mostra londinese occupa cinque ampie sale, e segue un percorso cronologico, che si diparte dalle prime ‘photo pictures’, in cui Richter attingeva idee e ispirazione dalle foto di quotidiani e riviste. Tra queste, spicca l’iconico Frau mit Schirm (Donna con ombrello), del 1964, uno dei tanti dipinti realizzati in seguito all’assassinio del Presidente John. F. Kennedy. Il titolo anonimo è una scelta risoluta, che segna la volontà di mantenere il soggetto decontestualizzato e non sempre riconoscibile.

Familie Schmidt. By Gerhard Richter, 1964. Collection Elisabeth and Gerhard Sohst in the Hamburger Kunsthalle. © Gerhard Richter, 2009. Photographer: Elke Walford

L’uso di immagini fotografiche desunte dalla carta stampata come base per i propri lavori, è una tecnica affine ad artisti della Pop Art (si pensi ad Andy Warhol e Richard Hamilton), tuttavia qui viene rifiutata l’attrattiva per tutto quanto concerne il glamour e la civiltà dei consumi, a favore di linguaggi visivi convenzionali, che suggeriscono un’imprecisa e misteriosa rappresentazione della realtà. Richter comincia a fare ricorso anche a fotografie trovate in vecchi album di famiglia, le quali, in quanto amatoriali e ordinarie, risultano più congeniali all’operato dell’artista.

Richter pone in risalto l’aspetto devozionale di queste immagini, ed il fatto che i significati legati alle memorie personali si dissolvono immediatamente, non appena estrapolati dal contesto o dalla storia familiare.

Fra tutti spicca Tante Marianne (1965), immagine enigmatica, che però cela un forte elemento personale. Si basa su una foto che ritrae Richter bambino assieme alla zia materna, la quale, malata di schizofrenia, fu eliminata dai nazisti nel 1945. Apparenza e realtà convivono su piani separati, non solo in questo, ma anche in altri dipinti desunti da album di famiglia. E come per le foto dei giornali, anche qui il tema della spiaggia e della vacanza, è il favorito. Si aggiungono poi veri e propri lavori su commissione, ritratti di amici o conoscenti, collezionisti e artisti, sempre caratterizzati da un’aura impersonale e privi di un significato personale e limitante.

Selbstportrait (“Self-portrait”). By Gerhard Richter, 1996. Flowerman Collection, Tatsumi Sato. © Gerhard Richter, 2009

Le opere di Richter pongono l’accento sul desiderio di comprendere il mondo e sull’impossibilità di conoscere la realtà con assoluta certezza. La tensione tra ricerca e rifiuto di un significato connesso al ritratto si va via via acuendo sul finire degli anni sessanta. Sfocare i particolari, rimuovere il contesto, confondere o celare i significati, tutto concorre a dare ai ritratti una forte ambiguità. Protagonisti dei lavori degli anni settanta sono gli artisti Gilbert & George, committenti del ritratto, eseguito nel 1975, l’attrice Brigid Polk, associata alla cerchia di Andy Warhol, e autrice di numerose fotografie, che Richter utilizzerà sovrapposte, come base per il dipinto del 1971 e Mao Tze Tung, una delle 48 figure celebri, facenti parti del corpus presentato alla Biennale di Venezia nel 1972.

La mostra si conclude con una serie di ritratti personali e privati, raffiguranti le tre mogli, le figlie Betty ed Ella e l’ultimo nato Moritz, ed eseguiti tra il 1966 e il 2008. Anche nell’ambito intimo e confidenziale, Richter mantiene intatta la preoccupazione di dare all’interpretazione della realtà e del soggetto una valenza impersonale e un significato impenetrabile allo sguardo dello spettatore. Spiegel (Specchio) è un’opera recente, creata appositamente per la retrospettiva londinese. Il tema dello specchio, caro a Richter fin dagli anni ottanta, ribadisce la dicotomia tra apparenza e sembianza, qualcosa che, assieme alla fotografia e alla pittura, viene percepito come reale, ma non lo è.

Ma, forse, il tratto più caratteristico delle opere dell’artista è la tecnica stessa di sfumare, offuscare, estinguere l’immagine originale, mediante l’uso di un pennello asciutto, trascinato sulla pittura ancora fresca in linee orizzontali.

Così si eliminano le informazioni meno importanti e il dipinto si trasforma in materia, perché, come Richter asserisce, “un’opera d’arte è, di per sé e prima di tutto, un oggetto”.

© CultFrame 04/2009

INFORMAZIONI
Dal 26 febbraio al 31 maggio 2009
National Portrait Gallery / St Martin’s Place, Londra / Telefono: +44(0)2073122463
Orario: tutti i giorni 10.00 – 18.00 / giovedì e venerdì 10.00 – 21.00
Biglietto: £ 8

SUL WEB
Il sito di Gerhard Richter
National Portrait Gallery, Londra

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