Fotografie e video. Mostra di Lida Abdul

lida_abdul-awakeningNata a Kabul nel 1973, e rifugiatasi dopo l’invasione da parte delle truppe sovietiche dell’Afghanistan in India, poi in Germania e negli Stati Uniti (dove ha studiato Arte, Filosofia, Scienze Politiche), Lida Abdul ha vissuto gran parte della sua vita lontano dal proprio Paese per tornarvi solo in anni recenti ed eleggerlo, insieme alla propria condizione di esule, a oggetto di una poetica dove la dimensione politica s’intreccia indissolubilmente a quella esistenziale.

Abdul è oggi un’artista multimediale di fama internazionale, che si esprime attraverso i linguaggi della performance, dell’installazione, del video e della fotografia; in Italia è venuta alla ribalta nel 2005 rappresentando l’Afghanistan, che partecipava per la prima volta alla Biennale di Venezia; e vincendo l’anno successivo il Premio Pascali per l’arte contemporanea.

In questi giorni la Galleria Alessandra Bonomo di Roma le dedica una interessante mostra.


Ai visitatori sono proposti due video e alcune immagini fotografiche, le quali sono al tempo stesso documentazione delle performance di Abdul e opere a se stanti di grande pregio.

La semplicità elementare dell’allestimento, lungi dal penalizzare l’approccio a questa artista riducendo ai minimi termini l’esposizione, ben si addice alle modalità dei suoi lavori, perché ci permette di attingere un più profondo grado di attenzione rispetto a quello che avremmo mai potuto avere in una mostra più folta d‘immagini.

La ricerca di un diffuso senso di sospensione – creata sia attraverso una riduzione degli elementi dell’audio quanto di quelli visivi, ma pure attraverso il montaggio dei filmati e le composizioni delle foto – sembra essere un elemento fondamentale nelle opere di Lida Abdul, e chiede come controparte allo spettatore un atto di contemplazione.

Opere come “War games (what I saw)” e “What I saw upon awaking”, o come “Clapping with stones, Bamiyan” – esposte in questa mostra – sono esempi di una ricerca estetica, che è – secondo quanto afferma l’artista – finalizzata a “dare voce al silenzio”, oltre che ad’elaborare in chiave allegorica il trauma di guerra patito da una Nazione, la quale ora cerca di risollevarsi da un “disastro che tutto rovina lasciando tutto immutato”.


lida_abdul-stoneI gesti che le immagini di Abdul mettono a fuoco sono rituali, e pregni di significato. Si svolgono in luoghi che sono stati teatro di guerra e adesso sono palcoscenici di rovine, elevate dall’azione dell’artista al rango di tracce del tempo e del suo divenire.

L’importanza di questi luoghi nasce, tuttavia, soprattutto dal dialogo che con essi instaura l‘essere umano: dal suo rapportarsi ad essi nella dimensione dell’arte attraverso la simbolica gestualità delle performance, ma, ancor prima, nella realtà con il puro atto del guardarsi intorno, infatti. Sono gli abitanti di queste terre martoriate ad interpretare e di fatto a ricostruire quotidianamente il proprio paesaggio.
Di questo ci parla l’opera di Lida Abdul. Le sue “azioni” (intese alla de-costruzione e ricostruzione) sono profondamente liriche ed evocative; vi riecheggiano le tradizioni di una cultura orientale antica e composita – fra suggestioni islamiche, buddiste e hindù – sapientemente fuse in un personale linguaggio estetico e formale di grande coerenza, che ripropone anche il meglio dell’arte occidentale in un felice incontro di stili e idee, il quale accende infine anche la speranza in un futuro di dialogo fra le culture.

©CultFrame 03/2008

 

 

IMMAGINI

1 Lida Abdul. What We Saw Upon Awaking, 2006. Stampa Lambda su alluminio 92X128 cm. Courtesy Galleria Giorgio Persano
2 Lida Abdul. Clapping With Stones, 2005. Video still. Courtesy Galleria Giorgio Persano


INFORMAZIONI

Dal 14 febbraio al 30 aprile 2008

Galleria Alessandra Bonomo / Via del Gesù 62, Roma / Telefono: 0669925858

Orario: lunedì – sabato 15.00 – 19.00 / Ingresso libero

 

LINK

Il sito di Lida Abdul

Galleria Alessandra Bonomo, Roma

 

 

 

 

 

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