Reportage e senso della fotografia ⋅ Note a margine di Broken Landscape di Paolo Pellegrin

© Paolo Pellegrin/Magnum Photos. Bosnia, Children, 1996

Una delle linee scelte da CultFrame per quel che riguarda la critica e la divulgazione della fotografia contemporanea concerne il tentativo di oltrepassare gli stereotipi legati alla retorica del fotoreportage per comprendere più a fondo quale sia il rapporto tra autore, realtà e sofferenza di popoli e individui. In tal senso, nell’aprile scorso abbiamo organizzato presso l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma un convegno su “fotografia e guerra”, durante il quale sono intervenuti il sociologo Giovanni Fiorentino (L’occhio che uccide – Meltemi Editore, 2004) e l’artista israeliano Simcha Shirman. È stato un modo per guardare oltre e allo stesso tempo per parlare con chiarezza di etica della fotografia. Noi siamo tra coloro i quali pensano che la connessione tra fotografia e realtà sia estremamente labile e problematica. L’azione del fotografo è sempre e comunque parziale, dunque non in grado di raccontare la realtà ma solo di sezionarla e di riproporla in un quadro espressivo che attiene a una poetica individuale e non alla raffigurazione oggettiva degli eventi. Lo spirito etico che guida la sfera creativa di un fotografo è quindi centrale, il sintomo di un atteggiamento teso a rispettare il reale senza giocare la facilissima carta della retorica (nonché del politicamente corretto) che in genere nasconde solo un punto di vista e, nel profondo, l’amplificazione dell’ego artistico del fotografo.

Approfondiamo di nuovo questo argomento, parlandovi della mostra che raccoglie il lavoro degli ultimi quindici anni di Paolo Pellegrin. L’esposizione, allestita presso il Museo di Roma in Trastevere, è una sorta di percorso “storico” del lavoro di un fotografo che ha attraversato con il suo sguardo guerre, dolori, sofferenze, discriminazioni, povertà; tutti fattori che i suoi scatti portano alla luce in modo inequivocabile. Proprio il lavoro di Pellegrin rientra nel nostro discorso sul fotoreportage contemporaneo e ci impone una nuova rispettosa (del lavoro fotografico in questione) riflessione culturale e intellettuale che speriamo possa, molto sommessamente, stimolare il dibattito (quasi morto) della fotografia in Italia. Paolo Pellegrin è un eccellente fotografo, straordinario nell’esaltare le sensazioni da lui vissute nell’ambito delle sue “avventure”. Pellegrin, dunque, è bravo (lo ribadiamo con chiarezza), troppo bravo, però. Argomentiamo. Le immagini proposte in Broken Landscape sono incentrate su un sistema linguistico molto preciso. Enfatizzazione drammatica dell’inquadratura, uso evidentissimo di contrasti, cieli lividi, fortissima sgranatura del bianco e nero, angolazioni impressionanti. Si tratta di una tavolozza di segni che determinano un’architettura stilistica che si sovrappone in modo netto alla porzione di realtà prelevata dal fotografo. Dunque, all’atomizzazione dello spazio visibile si somma un potente intervento espressivo. Per tale motivo, non è a nostro avviso possibile affermare di trovarci di fronte al “racconto della realtà” bensì il fruitore interagisce emotivamente con una narrazione filtrata dall’animo del fotografo, il quale rielabora il mondo attraverso una riformulazione personale degli accadimenti; il tutto grazie a una “spettacolarizzazione” che spinge l’osservatore a confrontarsi con lo stile piuttosto che con l’oggetto contenutistico dell’immagine. Un’opera fotografica è il risultato della connessione e articolazione in un unico blocco comunicativo di segni linguistici coordinati per portare alla luce la storia personale dell’autore: il suo spirito, la sua formazione politico-culturale, la sua sfera emozionale, le sue idee. E’ il risultato di un’azione interpretativa non la registrazione di un fatto.

Non abbiamo dubbi sullo spirito profondamente umano che ha guidato lo sguardo di Pellegrin e, lo ripetiamo, sulle palesi capacità dell’autore di restituire nei suoi scatti le proprie sincere emozioni, ma appare altresì doveroso per chi riflette sul senso dell’arte fotografica rilevare che il pericolo di questo tipo di fotoreportage riguarda lo slittamento del senso, dagli aspetti morali concernenti il mostrare il dolore e le ingiustizie a quelli più soggettivi, seppur assolutamente legittimi, legati all’intervento autoriale sulle vicende della storia contemporanea. Così, scorrendo le opere di Broken Landscape scopriamo due sistemi espressivi divergenti: quello ultradrammatico relativo alla rappresentazione della guerra e delle sofferenze e quello infinitamente più poetico nel quale prevale un senso chiarissimo di umanità. Ci riferiamo, in quest’ultimo caso, agli scatti che Pellegrin ha effettuato in Cambogia, nei quali l’immagine appare meravigliosamente ripulita da orpelli linguistici e in grado di comunicare una toccante verità umana con nitida limpidezza. E’ l’apertura improvvisa verso l’abisso della tragedia umana senza sovrastrutture. Stesso discorso vale per alcuni intensi ritratti esposti.

Intendiamo dunque, con questo articolo, non banalmente criticare il lavoro di Pellegrin, da un punto di vista professionale di valore assoluto, quanto piuttosto stimolare addetti ai lavori e appassionati a ripensare la fotografia, intesa non come arte che riproduce oggettivamente la realtà ma come forma espressiva che veicola attraverso dei segni un pensiero basato su un’interpretazione di tipo culturale degli eventi. Ebbene, non è il caso di Pellegrin a cui abbiamo sentito pronunciare parole di estrema sensibilità, ma siamo certi che il mondo del fotoreportage contemporaneo non sia vittima di un fuorviante protagonismo e non si limiti a essere la manifestazione della superficialità di fotografi che vogliono semplicemente dimostrare quanto siano coraggiosi e abili a districarsi in situazioni difficili, dunque stimabili?

© CultFrame 07/2007

INFORMAZIONI MOSTRA
Broken Landscape, mostra di Paolo Pellegrin
Dall’1 giugno al 9 settembre 2007
Museo di Roma in Trastevere / Piazza Sant’Egidio 1b / Telefono: 0682059127
Martedì – domenica 10.00 – 20.00 / chiuso lunedì
Intero 5,50 euro / Ridotto 4 euro
Cura: Giuseppe Prode

SUL WEB
Museo di Roma in Trastevere

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